Era quasi Primavera, Poesia di Viator

.

.

Notte! Quella notte

assolutamente inattesa

non prevista

Sommersa da vocali

consonanti

che si componevano

secondo i nostri

desideri

cercati e

d’un tratto

voluti e attesi.

.

Poi, quasi una sfida

“Ci incontriamo?”

“Quando!”

“Domani?”

“Dove?”

“In un Bar del Centro Città!”

Poi, un saluto.

Una promessa

Espressa da un dei due e

da entrambi accettata e

voluta.

“Buonanotte”

“Anche a te”

.

La mattina,

pioggia battente

Un dei due già al tavolino

del Bar cittadino

mentre altri

cerca

un parcheggio per la propria auto.

Poi corsa verso il Bar

sotto la pioggia sempre più battente.

Si cercano, si trovano.

Le loro ginocchia si sfiorano

sotto un tavolino da Bar.

Uno dei due cerca la promessa

Finché

si ferma tutto,

ogni cosa,

ogni sguardo,

tranne quello di un curioso.

.

La sorpresa è vissuta al tatto d’un dei due

Soddisfazione!

Parole costruite. Il tempo

passa, trascorre, va …

La pioggia non smette di battere.

“Io ho un appuntamento”

“Io devo seguire una lezione”

“Bene”

“Ci vediamo?”

“Perché no!”

Entrambi: Certamente sì”

Pensavano forse alla stessa maniera.

Un dei due: durerà!

Mentr’altri, forse già ne prevedeva la

conclusione tra qualche decina di mattini primaverili

o meriggi o sere.

.

Allegria per un po’!

Poi, invisibile e non tangibile la discesa

verso un arrivo, un saluto, un giuramento e …

il nulla del prima vissuto.

Ma oggi, chissà dove si trovano dimentichi,

ma si pensano. Con certezza.

.

Che Notte quella Notte, alla tastiera!

Che delizia quel mattino, quella pioggia,

quel tavolino.

.

Poi, ore e giorni. Nessun dei due ricorda

quel vissuto breve o che si perdeva, ma

che a viver tra un dei due continuava

ad esserci, e tra loro, forse, a continuare

ad esistere.

.

(Viator, Era quasi Primavera, forse! 2023)

Albero saggio (di viator)

Albero saggio

Ondeggi con il tuo verde
di natura
e non ti avevo mai scorto,
ti dondoli,
ti apri,
festoso per il fruscio del tuo fogliame,
ti fermi
incredulo,
sembra che tu non capisca
e le tue foglie,
poi, vibrano
come in una danza,
in una danza nascosta,
ma verace.

Io e te
finalmente
comunichiamo,
ed è bastata
una preghiera,
un calcolo voluto
sofferto
e deciso da me
e imposto
forse da te
che non capivi,
ché non ti scorgevo
e tu eri là
ondeggiante
dinanzi a me
ma silente
seppur festoso,
ma con garbo

Vecchio albero
oggi, ti ho
caro amico
e ne avevo
profondo bisogno,
albero saggio
(viator, XXV, 1989)

Gli occhi delle fate (di viator)

 

gli occhi
delle fate
magicamente
anche per l’adulto

le parole
delle fate
magia
dei sogni di bambini

ma
gli occhi verdi
e
le parole
fascino magico
e i suoi capelli arruffati
e i suoi veli di tuniche
ora rosa ora verdi
accanto a neri di mistero
e le sue dita
che stringono
o una Gauloise sempre accesa
o una penna
che rende grave un acuto
e i suoi inviti al dialogo
in una trattoria
e le sue fughe
e i suoi ritorni
inaspettati e attesi
e i suoi caffè
e le sue contraddizioni
stupende
come le sue labbra
vogliose
ma poi sempre sfuggenti
e desiderar l’incontro

Ah
Il verde dei suoi occhi
Magicamente

 

(viator, 1985)

 

 

Agosto notturno (di viator)

 

Agosto
quasi finiva
era già notte
ed io
non riuscivo a dormire
dolci
a me
le pagine
ben composte
del quotidiano

gli scritti politici
di J.J.
sul comodino
chiusi
e stringevano
la matita
compagna delle mie letture

poi
la luce
priva di sé
m’invitava a ricercare
ora
titoli di libri già composti
ora
da comporre

dediche
le più strane
e pur splendide
all’Arte
all’Amore
alla Forza
all’Anelito
e mi rivoltavo
sereno
sfiorando
ora la mia calda pelle
ora le fresche lenzuola

poi
una sigaretta
una fiamma
del fumo
e una notte stellata
d’Agosto
il cielo
terso dopo il Maestrale
e il piccolo carro
e il grande
e il monte con su il Castello
punteggiato anch’esso
di variopinti falsi astri tremolanti

la più bella notte d’Agosto
mi stava
sfuggendo
e mentre
un canto d’un gallo
sembrava dettarmi
altri pensieri
la mia matita
liberata oramai dalla stretta
scivolava
sulle pagine arrendevoli e vinte
degli scritti di Jean

 

(viator, XXIII, 31.08.89)

Da una camera d’Hotel (di viator)

Da una camera
come tante altre
s’apre
uno spazio.
Scorgi
un ambiente
anch’esso uguale
identico
a tanti altri.
Muretti
Uno
più basso degli altri
consente
lo spaziar dello sguardo
verso
pini agitati dal vento
una torretta merlata
confusa tra il verde
e una casetta stonata
Poi
una città
su un mare contornato di monti
a tal punto quasi
da chiuderlo
e proteggerne l’azzurro
Da un lato
un’isola
la più bella del mondo
Da un altro
un’altura
con in sù, in vetta, una chiesetta

Spazi
come tanti altri
ma ordinati
da una mano diversa
d’Artista

Il Vesuvio
sembra narrare
ricordi
silenti
Poi
il cielo
si stringe
E’ squarciato
da saette raggianti
e non è un temporale sul golfo
E’ una ditta d’aria pulita
che spazza le ombre
che occultano
i monti
e quell’isola
che è la più bella del mondo

(viator, 1986)

Esami di maturità (di viator)

Fluire
di giovani studenti
Sedie
scomposte
rumorose
Ma, pur
banchetti ordinati
attaccati
incollati,
di là
per non sanare
il contrasto
esistente tra chi è
e chi non è
Libri
ingialliti
stracciati
feriti,
ordinati
o scomposti
si alternano,
coprendo
e annullando se stessi
fino a svelare
chi non è
Fretta
inquietudine
Ansia
nascosta
e palese
del padre
che va,
e che a volte
interrompe il suo passo
per
una boccata di fumo
La madre è sospesa
incerta
incredula
Non comprende
Attende
la fine
o l’inizio
Non sa
Ma attende
in silenzio
lo sguardo riflesso
del figlio
che per lei è,
mentre per altri non è
Ansie
Inquietudini
Ma anche cornetti e caffè
Lagrime
palesi
e celate
Ma pur risate
tante risate
mentre
continua ad esistere
il che è e il chi non è

(viator, 1986)

Vita di Hotel (di viator)

 

Uomini con una valigia in mano
Donne ben vestite, altre no
Bimbi stanchi, piagnucolanti, altri gioiosi,
finestre i loro occhi di un prorompente mondo
di felicità
Un individuo legge il suo giornale
Un altro assapora un brandy, disturbato da cubetti di acqua non più tale
Un’anziana signora osserva le sue gambe,
offese da rivoli di vene varicose
e ricorda i bei tempi in cui occhi indiscreti
sprofondavano tra le sue cosce strettamente incrociate
non permissive e, per questo, invitanti
Una ragazza finge
di leggere, prima, una rivista

poi, un romanzo. I suoi occhiali da Sole,
grandi, colorati, si insinuano tra i fili dei suoi capelli;
si muove sulla seggiola e cerca o trova posizioni scomposte
ed insegue fantasie, forse; e si muove, si rimuove
e finge di non guardare al di là del suo testo che tra le mani tiene
e che finge di penetrare, assorta
Tutto ciò, e chissà quant’altre cose,
mentre io, dalla mia solitudine, osservo tale strana vita di Hotel
dell’esteta
E, per la mia solitudine, bramo l’eticità della vita di casa
di urla gioiose di fanciulli
di amori felici
con te

(viator, 1986)